venerdì 25 dicembre 2015

Patrizia Quattrocchi

di Manuela Curci

"Si muore per lasciare il meglio di sè a quelli che ti hanno saputo leggere". Sono le parole di Goliarda Sapienza, la scrittrice più amata di Patrizia, autrice del nostro libro di riferimento  L'arte della gioia, primo libro in assoluto che Pat mi regalò otto anni fa, essenziale e fondamentale per cogliere la natura di Pat, quella più profonda, quella celata. Fu come dirmi leggilo subito Manu, ti presento una parte di me, percepisci l'animo della protagonista perchè io sono ANCHE cosí, la mia indole è ANCHE questa, io sono TANTO ALTRO. Lo lessi in un fiato...caspita Pat, welcome! Anch'io cerco di essere libera, anch'io vivo momenti, anche io sperimento e sono una donna complessa: mi piaci, affiniamo quest'arte insieme!
Mica facile però, le pagine sono un'esplosione di vitalità, intelligenza, trasgressione e dolore, tanto dolore quindi non sempre siamo state all'altezza...in realtà la vita che la gente crede che tu stia vivendo spesso prende il sopravvento e quindi, in quei momenti, improvvisando, più che l'arte della gioia abbiamo affinato l'arte del cazzeggio, con buona pace di tutti! E su questo ci abbiamo riso sopra tantissimo, due adolescenti dalla risata irrefrenabile guardate con affetto paternalistico persino dai propri cani spesso unici e fortunati spettatori di tanta spensieratezza. Quindi attraverso  questa testimonianza raccogliete, se volete, il suo dono e fatevi penetrare perchè, ripeto con lei

"si muore per lasciare il meglio di sè a quelli che ci hanno saputo leggere".

Care donne di tutto il mondo, questo è il mio tributo a Patrizia, 50 anni, la mia amica del cuore morta lo scorso 1 dicembre per un cancro al seno metastatico, ricordarla con chi probabilmente ha la stessa malattia in questo momento mi pare la cosa migliore in assoluto, con chi se non con voi parlarne il giorno di Natale? Come dice Grazia, il cancro non conosce le Feste!
Pat ed io vi abbracciamo forte forte.

lunedì 14 dicembre 2015

Jennie, un fuscello d'acciaio





Di ritorno dal San Antonio Breast Cancer Symposium, la piu` importante conferenza sul cancro al seno del mondo che si tiene ogni anno negli Stati Uniti e a cui ho potuto partecipare grazie a una scholarship di Advocates for Breast Cancer, organizzazione no profit fondata e diretta da Susan Zager, donna coraggiosa, intraprendente e simpaticissima [qui].
E` stata una settimana intensa, piena di emozioni. Sono ancora frastornata dal jet lag e scrivero` nei prossimi giorni degli aspetti scientifici del simposio. Sento, pero`, l'urgenza di raccontare dell'incontro con una donna straordinaria, Jennie Grimes.
Jennie e` cresciuta in Colorado, ma adesso abita a Los Angeles con il suo compagno, Connor, e il loro cane, Fala. Jennie si e` ammalata di cancro al seno a soli 27 anni. Tre anni dopo, le metastasi. Oggi Jennie di anni ne ha 35 e la sua vita e` costellata di terapie, inclusa la chemio, ed effetti collaterali molto pesanti. Prima di ammalarsi, Jennie lavorava per la AIDS Coalition to Unleash Power (ACT UP) che, attraverso l'azione diretta, si batte per porre fine alla pandemia di AIDS [qui]. Sulla base di questa esperienza, Jennie ha fondato insieme ad un'altra attivista metastatica, Beth Caldwell di Seattle, un'organizzazione chiamata MET UP il cui focus e` la cura del cancro al seno metastatico, quello che uccide ma di cui ci si occupa troppo poco [qui].
Jennie e` un fuscello. I 5 anni di trattamenti per il cancro al seno metastatico sono stati stremanti. Gli ultimi esami, effettuati qualche giorno prima di partire per il simposio (a cui anche lei ha partecipato grazie alla generosita` di Advocates 4 Breast Cancer), hanno rivelato una progressione della malattia. Bisognera` passare ad altro. Anche se non e` ancora chiaro a cosa. E soprattutto per quanto, La grinta, pero`, non puo` togliergliela nemmeno il padre eterno in persona.
E` giovedi 10 dicembre, il secondo giorno del simposio. Le advocates partecipano, per tutta la durata dell'evento, a delle sessioni dedicate a loro organizzate dalla Alamo Breast Cancer Foundation, durante le quali viene offerta loro la possibilita` di fare domande su quanto discusso nel corso delle sessioni scientifiche a esperti di rilievo internazionale [qui]. Jennie nel pomeriggio e` rimasta in albergo per via della nausea che la perseguita, ma, infagottata in una giacca nera che ne sottolinea ulteriormente la magrezza, si e` presentata alla sessione della Alamo Foundation.
Durante la sessione plenaria del pomeriggio sono stati presentati i risultati di uno studio sulle mutazioni somatiche nei tumori primari e in quelli metastatici condotto attraverso il prelievo di campioni di tessuto dal corpo di donne morte di cancro al seno che avevano dato il loro consenso all'effetuazione di un'autopsia entro sei ore dalla morte. Una decisione elogiata, nel corso della sessione per le advocate, da Hyman Muss, docente presso la University of Carolina Chapel Hill e direttore della divisione di oncologia geriatrica del Lineberger Comprehensive Cancer Center [qui].
Due microfoni sono posizionati ai lati del salone in cui le advocate, da brave scolarette, ascoltano le opinioni degli illustri clinici e pongono dilingentemente le loro domande mentre sorseggiano la limonata rosa loro offerta. Jennie e` l'ultima della fila. Cosa vorra` chiedere? Quando finalmente arriva il suo turno, la moderatrice dichiara che il tempo e` scaduto e non e` piu` possibile fare domande. Jennie e` un fuscello si, ma alla sua domanda non ha intenzione di rinunciare. "Devo fare la mia domanda adesso, perche` l'anno prossimo potrei essere morta", esclama afferrando il microfono e destando lo stupore di tutti i presenti. E continua:

"Mi chiamo Jennie Grimes e rappresento MET UP. Ho ricevuto la diagnosi di cancro al seno metastatico a 30 anni. Come ci avete ricordato questa sera, ci sono molti studi importanti che, tuttavia, non avranno effetti sulle terapie questo lunedi, per quelle di noi che andranno in ospedale questo lunedi` o il prossimo. In cosa dobbiamo sperare, a parte le autopsie rapide che, sicuramente, sono di grande aiuto per la scienza ma non lo sono affatto per le 113 di noi che muoiono ogni giorno [negli Stati Uniti, ndr]?".

Un applauso scrosciante saluta la domanda di Jennie a cui gli illustri clinici, imbarazzati, rispondono con vaghi riferimenti alla possibilita` di arruolamento in non meglio precisati studi nei quali pero` le donne come Jennie, in trattamento per le metastasi da molti anni, non vengono accettate.
Cosa fara` allora questo straordinario fuscello d'acciaio? Continuera` a porre domande, conquistandosi da sola il diritto a farlo, con la speranza che in un futuro non troppo lontano alle donne nella nostra situazione - si, nostra, perche` siamo tutte metastatiche - non vengano offerte solo autopsie rapide ma soluzioni concrete. E la vita che oggi ci viene negata. Grazie, Jennie. 

sabato 5 dicembre 2015

Un intervento di Marco Peano su Minima et Moralia

E` uscito oggi su Minima et Moralia (qui) un intervento di Marco Peano sul difficile ruolo di caregiver, pubblicato in inglese per il numero speciale del Breast Cancer Consortium Quarterly del 13 ottobre 2015 (giornata internazionele del cancro al seno metastatico) curato da me (Grazia De Michele) e Cinzia Greco (qui)

Leggete e fate leggere l'intervento di Peano su Minima et Moralia e ricordatevi di votare il suo romanzo L'Invenzione della madre come libro dell'anno della trasmissione radiofonica Fahrenheit.Per farlo inviate, entro il 7 dicembre a fahre@rai.it, indicando come oggetto "Libro dell'anno". Nel testo della mail, invece, scrivete “L'invenzione della madre, Marco Peano, minimum fax".

mercoledì 2 dicembre 2015

Vota L'Invenzione della madre libro dell'anno di Fahrenheit



Estate. Una sera di luglio. Caldo torrido. A stento si respira. Il mal di denti sembra ancora piu` insistente nella cappa di umido che ti si appiccica addosso. Maledetto il dentista inglese che mi ha lasciato la guerra in bocca costringendomi a ingoiare per giorni un antidolorifico dietro l’altro!
Sono a casa, in Italia, adesso. Per fortuna. Un altro medico mi visitera` presto. Decido di fare una passeggiata per rivedere il natio borgo selvaggio e scaricare il nervosismo. Percorro le strade dell’adolescenza, quelle che mi portavano scuola. Mi sembra di rivedere le compagne e i compagni di classe che incontravo lungo il tragitto. Succede ogni volta che gironzolo in quelle zone. E ogni volta, un velo di nostalgia mi copre gli occhi. Non mi mancava la mia citta` di origine prima di ammalarmi. Il cancro pero` ti priva del futuro e ridisegna il passato. Lo riplasma, proiettandolo in una luce mitica e facendolo apparire felice e spensierato solo perche`, allora, la malattia non c’era.
Ecco che sono davanti all’unica buona libreria della citta`. Ovviamente l’hanno aperta quando ero gia` partita. Entro, come sempre quando ritorno. C’era un libro di cui avevo letto delle recensioni online. Un libro su una madre che muore e suo figlio, Mattia. Si chiama L’Invenzione della madre e l’autore e` un esordiente, Marco Peano (qui). E` uscito con Minimum Fax, una casa editrice indipendente, che pubblica parecchie cose interessanti. Non voglio chiedere al librario se ce l’abbiano in negozio. Che sfizio ci sarebbe? Mi aggiro tra gli scaffali. Del libro pero` non c’e` traccia. Sto per imbroccare l’uscita quando, accanto alla porta, intercetto con lo sguardo una pila di copie. Sopra al mobile, la scritta “i piu` letti”. Comincio a sfogliare il volume. In epigrafe, una frase di un tale Donald Antrim (scopriro` solo in seguito, grazie a Google, che si tratta di uno scrittore statunitense):

“La storia del deterioramento di mia madre, durato una vita, e`, per alcuni versi, la storia della sua vita stessa. La storia della mia vita e` intrinsecamente legata a questa storia, la storia del suo deterioramento. E` la storia intorno alla quale ruota costantemente il mio modo di percepire me stesso e gli altri. Sara` questa storia, o in ogni caso il mio ruolo in questa storia, a permettermi di non perdere mia madre”

Quella parola, deterioramento, mi manda il cuore in subbuglio. Mi tuffo nel libro, investita dai caratteri e dalla luce che riflette sul bianco delle pagine. Ne cerco un’altra. Una parola conosciuta e orrenda. Ed eccola che mi esplode dentro. Cancro. Continuo quella che mi sembra una corsa disperata alla ricerca della verita`. La stessa verita` crudele rivelatami da una dottoressa prostrata e incredula qualche mese dopo il mio trentesimo compleanno, ormai cinque anni fa. E la verita` e` quella che sospettavo. Un cancro al seno, seguito, dopo anni di interventi chirurgici, terapie e speranze, da una ricomparsa della malattia al cervello. E` troppo. Le lacrime mi invadono la faccia. Ripongo il libro dov’era e scappo. Corro via, veloce. Voglio sentire che ce la faccio ancora. Sono gia` abbastanza lontana quando mi fermo e mi rendo conto che non posso voltare le spalle alla storia di quella donna e di suo figlio. A cosa servirebbe? Forse ad azzerare magicamente le possibilita` che anche io mi riammali e muoia? Certo che no. E che dire del dovere morale di porgere orecchie e cuore a chi ha percorso un cammino piu` accidentato di quanto sia stato il mio sino ad ora?
Torno indietro. Rientro nel negozio. Il libraio mi guarda. Forse pensa che io sia una squilibrata, ma non me importa. Afferro una copia e mi avvicino alla cassa. Pago. Prendo la busta. Rifaccio, questa volta camminando, il tragitto percorso poco prima correndo come una forsennata e il tratto che resta per arrivare a casa. Suono il campanello. C’e` mia madre ad aprirmi la porta. Da brava bibliofila, riconosciuta la busta della libreria, mi chiede avida cosa ho comprato. Risposta secca: “ un libro che non devi leggere”.
Mi chiudo in camera. Appoggio il libro sul comodino. Piu` tardi, prima di mettermi a letto, lo guardo. No, non ho il coraggio. Leggero` l’ebook che ho scaricato ieri. Sara` cosi` per una settimana intera. Finche` una sera non mi decido. Inizio la lettura e non riesco piu` a smettere.
Il deterioramento della madre – il cui nome non viene mai fatto, come se il narratore volesse mettere una distanza tra se` e la di lei vicenda – viene descritto con precisione chirurgica, al pari  dei cambiamenti, dolorosi, occorsi nella vita della famiglia della donna durante il suo ultimo anno di vita. Un tema difficile, scomodo che l’autore affronta con maestria, supportato da un coraggio editoriale che raramente si vede in Italia. Non sono un’esperta, ma credo si tratti del primo libro italiano che abbia per oggetto principale la morte per cancro di una donna e i faticosi tentativi di elaborare il lutto da parte di suo figlio. Eppure si tratta di un’esperienza comune a moltissime persone ed era ora che qualcuno si decidesse a raccontarla. Chiunque abbia avuto a che fare con il cancro, a prescindere dall’esito, deve molto a Marco Peano. Ed e` per questo che vi chiedo di votare L’invenzione della madre - che ha gia` fruttato al suo autore il meritatissimo Premio Volponi Opera Prima 2015 - come libro dell’anno per la trasmissione Fahrenheit di Radio Tre. Per farlo inviate, entro il 7 dicembre (ma fatelo subito, altrimenti ve ne scordate), una mail all’indirizzo fahre@rai.it con oggetto "Libro dell'anno". Nel testo della mail, invece, scrivete “L'invenzione della madre, Marco Peano, minimum fax”. E ovviamente comprate il libro, leggetelo e fatelo leggere.

Ascolta l'intervista a Marco Peano a Fahrenheit (qui)

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