mercoledì 2 dicembre 2015

Vota L'Invenzione della madre libro dell'anno di Fahrenheit



Estate. Una sera di luglio. Caldo torrido. A stento si respira. Il mal di denti sembra ancora piu` insistente nella cappa di umido che ti si appiccica addosso. Maledetto il dentista inglese che mi ha lasciato la guerra in bocca costringendomi a ingoiare per giorni un antidolorifico dietro l’altro!
Sono a casa, in Italia, adesso. Per fortuna. Un altro medico mi visitera` presto. Decido di fare una passeggiata per rivedere il natio borgo selvaggio e scaricare il nervosismo. Percorro le strade dell’adolescenza, quelle che mi portavano scuola. Mi sembra di rivedere le compagne e i compagni di classe che incontravo lungo il tragitto. Succede ogni volta che gironzolo in quelle zone. E ogni volta, un velo di nostalgia mi copre gli occhi. Non mi mancava la mia citta` di origine prima di ammalarmi. Il cancro pero` ti priva del futuro e ridisegna il passato. Lo riplasma, proiettandolo in una luce mitica e facendolo apparire felice e spensierato solo perche`, allora, la malattia non c’era.
Ecco che sono davanti all’unica buona libreria della citta`. Ovviamente l’hanno aperta quando ero gia` partita. Entro, come sempre quando ritorno. C’era un libro di cui avevo letto delle recensioni online. Un libro su una madre che muore e suo figlio, Mattia. Si chiama L’Invenzione della madre e l’autore e` un esordiente, Marco Peano (qui). E` uscito con Minimum Fax, una casa editrice indipendente, che pubblica parecchie cose interessanti. Non voglio chiedere al librario se ce l’abbiano in negozio. Che sfizio ci sarebbe? Mi aggiro tra gli scaffali. Del libro pero` non c’e` traccia. Sto per imbroccare l’uscita quando, accanto alla porta, intercetto con lo sguardo una pila di copie. Sopra al mobile, la scritta “i piu` letti”. Comincio a sfogliare il volume. In epigrafe, una frase di un tale Donald Antrim (scopriro` solo in seguito, grazie a Google, che si tratta di uno scrittore statunitense):

“La storia del deterioramento di mia madre, durato una vita, e`, per alcuni versi, la storia della sua vita stessa. La storia della mia vita e` intrinsecamente legata a questa storia, la storia del suo deterioramento. E` la storia intorno alla quale ruota costantemente il mio modo di percepire me stesso e gli altri. Sara` questa storia, o in ogni caso il mio ruolo in questa storia, a permettermi di non perdere mia madre”

Quella parola, deterioramento, mi manda il cuore in subbuglio. Mi tuffo nel libro, investita dai caratteri e dalla luce che riflette sul bianco delle pagine. Ne cerco un’altra. Una parola conosciuta e orrenda. Ed eccola che mi esplode dentro. Cancro. Continuo quella che mi sembra una corsa disperata alla ricerca della verita`. La stessa verita` crudele rivelatami da una dottoressa prostrata e incredula qualche mese dopo il mio trentesimo compleanno, ormai cinque anni fa. E la verita` e` quella che sospettavo. Un cancro al seno, seguito, dopo anni di interventi chirurgici, terapie e speranze, da una ricomparsa della malattia al cervello. E` troppo. Le lacrime mi invadono la faccia. Ripongo il libro dov’era e scappo. Corro via, veloce. Voglio sentire che ce la faccio ancora. Sono gia` abbastanza lontana quando mi fermo e mi rendo conto che non posso voltare le spalle alla storia di quella donna e di suo figlio. A cosa servirebbe? Forse ad azzerare magicamente le possibilita` che anche io mi riammali e muoia? Certo che no. E che dire del dovere morale di porgere orecchie e cuore a chi ha percorso un cammino piu` accidentato di quanto sia stato il mio sino ad ora?
Torno indietro. Rientro nel negozio. Il libraio mi guarda. Forse pensa che io sia una squilibrata, ma non me importa. Afferro una copia e mi avvicino alla cassa. Pago. Prendo la busta. Rifaccio, questa volta camminando, il tragitto percorso poco prima correndo come una forsennata e il tratto che resta per arrivare a casa. Suono il campanello. C’e` mia madre ad aprirmi la porta. Da brava bibliofila, riconosciuta la busta della libreria, mi chiede avida cosa ho comprato. Risposta secca: “ un libro che non devi leggere”.
Mi chiudo in camera. Appoggio il libro sul comodino. Piu` tardi, prima di mettermi a letto, lo guardo. No, non ho il coraggio. Leggero` l’ebook che ho scaricato ieri. Sara` cosi` per una settimana intera. Finche` una sera non mi decido. Inizio la lettura e non riesco piu` a smettere.
Il deterioramento della madre – il cui nome non viene mai fatto, come se il narratore volesse mettere una distanza tra se` e la di lei vicenda – viene descritto con precisione chirurgica, al pari  dei cambiamenti, dolorosi, occorsi nella vita della famiglia della donna durante il suo ultimo anno di vita. Un tema difficile, scomodo che l’autore affronta con maestria, supportato da un coraggio editoriale che raramente si vede in Italia. Non sono un’esperta, ma credo si tratti del primo libro italiano che abbia per oggetto principale la morte per cancro di una donna e i faticosi tentativi di elaborare il lutto da parte di suo figlio. Eppure si tratta di un’esperienza comune a moltissime persone ed era ora che qualcuno si decidesse a raccontarla. Chiunque abbia avuto a che fare con il cancro, a prescindere dall’esito, deve molto a Marco Peano. Ed e` per questo che vi chiedo di votare L’invenzione della madre - che ha gia` fruttato al suo autore il meritatissimo Premio Volponi Opera Prima 2015 - come libro dell’anno per la trasmissione Fahrenheit di Radio Tre. Per farlo inviate, entro il 7 dicembre (ma fatelo subito, altrimenti ve ne scordate), una mail all’indirizzo fahre@rai.it con oggetto "Libro dell'anno". Nel testo della mail, invece, scrivete “L'invenzione della madre, Marco Peano, minimum fax”. E ovviamente comprate il libro, leggetelo e fatelo leggere.

Ascolta l'intervista a Marco Peano a Fahrenheit (qui)

***Se questo post ti e` piaciuto, condividilo con almeno tre persone. Continuiamo a parlarne***


Nessun commento:

Posta un commento